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Scaletta cobras

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un contributo con gli occhi al passato che viene dalla recente vicenda Cobas scuola Milano [a.k.a. Cob(r)as] per una possibile riflessione su conflitto e sindacalizzazione

PER UNA SCALETTA SU PERCORSI CONFLITTUALI NELLE SCUOLE MILANESI.
QUI IL PERCORSO CHE HA RIGUARDATO NOI.

In premessa

  • Ogni racconto, ogni narrazione contiene un dato di ‘soggettività’, una ‘memoria parziale’.

Tentando una scansione dei tempi

  • Ci pare di poter individuare, nella ‘nostra’ storia un crinale che traccia una, almeno parziale, differenza tra un prima e un dopo. Collochiamo questo crinale attorno al 2000, con l’apertura milanese d’una sede cobas e l’inserimento nostro nei ‘Cobas istituiti’.
  • Siamo tuttavia altresì convinti di poter riscontrare, tra quel prima e quel dopo, anche una linea forte di continuità, nel metodo, con le esperienze che precedettero quel momento: fino ad oggi, tempo in cui un altro passaggio abbiamo ritenuto necessario.

È nella contraddizione appena descritta che si situa la nostra storia, anomala, difforme e dissimmetrica, di sedici anni nei-accanto-in conflitto-con i ‘Cobas istituiti’.
Per capire questa contraddizione occorre riandare:

  • alle esperienze di lotta autonoma di fine anni Settanta, alla loro caratteristica, al
  • metodo che ci hanno trasmesso,
  • al movimento di metà anni Ottanta,
  • alle esperienze pluridecennali di assemblee con raccolta di firme nelle scuole,
  • alle restrizioni successive fino all’annullamento d’ogni spazio,
  • al tentativo referendario per limitare lo strapotere dei confederali,
  • alla critica all’idea delle RSU,
  • alle ambiguità della sinistra CGIL
  • alla totale assenza di ‘diritto’ di parola nei luoghi di lavoro fuori da ogni sindacato.

Da questo insieme di gelosa esperienza nostra e di imposizione dall’alto delle regole del gioco nascevano i ‘cobas scuola Milano’, che hanno portato con sé contraddizione e anomalia cobras…

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comunicobras nel 40ennale del ’77

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Alla fine abbiamo deciso. Chiudiamo l’esperienza che accomunava ‘cobas scuola milano’ e il suo alias ‘cobras’.

Scegliamo e portiamo con noi l’anima ribelle, l’anima critica, l’anima originaria. Portiamo quel che costituisce anomalia nella normatività, portiamo con noi cobras.
Abbandoniamo quella parte che, nonostante sé , nonostante il perenne sforzo d’esserne fuori, s’è mostrata vieppiù di vuota ‘rappresentanza’. Abbandoniamo dunque ‘cobas scuola milano’ perché contro le nostre intenzioni ha prevalso e vinto su di noi la delega di altri.
L’abbandoniamo convinti di non voler contribuire ad un sistema di relazioni in cui ciò che vale è che qualcuno rappresenti qualcun altro.
Dunque una contraddizione, vera o apparente che sia stata, di questo nostro sedicennio milanese <quello che segna i tempi, non già delle nostre lotte, ma del passaggio milanese ai Cobas ‘istituiti’> giunge a soluzione inequivoca. Alcuni, i più convinti della bontà d’un modello sindacale, presenti un po’ ovunque, ne saranno del tutto indifferenti o piuttosto felici, ciascuno comunque interessato al proprio ombelico organizzativo.
Ma si badi, la contraddizione vissuta nell’esperienza dei ‘cobas scuola milano’ non è altra da quella, che è stata ed è, tra movimenti e forme d’autorganizzazione da un lato, e delega e forme di rappresentanza dall’altro; tra istanze sovvertitrici dei primi, e ripiegamenti sino allo snaturamento delle seconde; tra capacità d’autonomia da un lato, e sua confisca nella rappresentanza dall’altro. Così anche, tra il movimento degli anni Ottanta, che tanto interesse e potenziale suscitò anche al di fuori della scuola, e i successivi, variegati e tristi, esiti sindacali.
Null’altro aggiungeremo, ché si commentano da sé, circa verticalità interne e concorrenze orizzontali del cosiddetto ‘sindacalismodi<?>base’. Il difetto, evidentemente, sta nel manico.
Somma colpa dei ‘cobas scuola milano’, dal 2000 ad oggi, è stato l’interpretare la ‘forma sindacale’ restando lavoratori autorganizzati, non cedendo al sindacalismo di professione; è stato il tentativo di arginare la deriva sindacale tenendo saldi i principii della partecipazione diretta e della critica della delega e della rappresentanza; è stato il mai assuefarsi alla forma sindacale classica, nonostante l’azione di difesa anche sindacale; è stato il rifiuto di pensarsi solo come ‘categoria’ priva d’ogni intento più generale; è stato il coraggio di schierarsi pubblicamente contro la stessa propria organizzazione nazionale, quando l’etica e il merito delle cose lo imponevano. Tutti fatti rari in tempi di ‘parrocchie’, custodi gelose e miopi dei propri micropoteri.
Non abbiamo vinto in questa battaglia e, dunque, ci sottraiamo alla, pur anomala, ‘forma sindacale’ che, abbiamo cercato di far vivere ai soli fini di riaprire spazi per il diritto alla parola di tutti e ciascuno nei luoghi di lavoro. Sarà allora solo su un piano di autonomia che potrà vivere l’eredità d’intenti e pratiche che ci hanno caratterizzato.
Angelo A., Angelo D., Elvira G., Fabrizio B., Francesco M., Gianni T.
comunanza cobras
cobrasmilano@gmail.com

Milano, tra marzo e aprile del 40ennale del ’77

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Diario di Franti/

Il Franti, lo studente Stardi e il solito Invalsi

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Lo studente Stardi: “Ciao Franti, è un po’ che non ti vedo”.

Franti: “Bella Stardi, è vero, si vede che non abbiamo fatto la stessa strada ultimamente, mi pare ci sia meno gente in giro in questo periodo”.

Beh, sai, siamo tutti un po’ presi nella preparazione del test.

Che significa ‘la preparazione del test’? Te quando c’è da studiare sembri sempre perso.

È per la Valutazione, un’Indagine Nazionale, fornisce un Indicatore Assoluto sullo Stato dell’Istruzione e Comparativo sulle Diverse Scuole [Stardi è raggiante, il cuore gli batte forte dall’emozione].

Bestia… cioè che succede?

Succede che ci faranno delle domande, a tutti gli studenti di tutte le scuole, lo stesso giorno alla stessa ora, le stesse domande Franti, che orgasmo, un test nazionale! Capisci, mica la solita verifichina…

A parte che anche sulla verifichina avrei qualcosa da dire ma a cosa servirebbe questo ‘esame sincronizzato’?

Non è un esame Franti, è un test [Stardi ha l’affanno, suda], serve a misurare un sistema, non a dare un giudizio. La misura scientifica è come un occhio imparziale che fotografa ciò che vede.

Dunque Stardi fammi capire, allo stesso giorno alla stessa ora faranno a tutti gli studenti dello stesso anno le stesse domande.

Agh si, è così. [Stardi si slaccia il bottone del colletto della camicia]

Stardi sei mai stato in treno?

Ma che dici Franti, certo che sono stato in treno

E quando guardavi dal finestrino alla partenza vedevi il treno affianco fermo e capivi che stavi partendo?

Logico, mi hai preso per scemo?

E magari qualche minuto prima, quando ancora eri fermo, in stazione se il treno di fianco partiva, guardandolo non avevi la stessa impressione di essere tu a partire?

In effetti mi è successo, è stato buffo, l’ho pensato.

Quindi se tu avessi fatto la tua “foto”, nello stesso giorno e nello stesso istante del signore nel treno di fronte a te, avreste entrambi potuto concludere che il vostro treno si stava muovendo mentre noi sappiamo che uno solo di voi due aveva ragione.

[Stardi prende fiato, sembra riprendere il controllo] È il moto relativo Franti, l’abbiamo fatto l’anno scorso in fisica, mi stupisce che te ne ricordi, ma che c’entra?

Stupisce a me che tu non capisca che il tuo test, quella “foto” fatta allo stesso istante, nello stesso modo, a tutti, è semplicemente un esercizio di potere, è una mera illusione ottica perché manca, come per il paradosso dei treni, di un osservatore esterno che determini quale dei due si stia realmente muovendo. Manca il contesto Stardi, manca il mondo, la ferrovia, il capostazione.

Immagina una classe dove nessuno parli la stessa lingua, né condivida la stessa cultura, e mettila a confronto con una classe i cui allievi siano tutti nati e cresciuti nello stesso quartiere. I primi ci metteranno un po’ a capirsi tra di loro, i secondi si conoscono come se fossero fratelli. I primi, che non ho detto che siano incolti, occhio Stardi a non fare il razzista, mentre imparano le tabelline imparano una lingua comune per tutti; intanto i secondi imparano le tabelline.

Ora fai la foto, “flash” cosa vedi?

Cosa vedo Franti, non so più…

Vedi chi sa le tabelline e chi no. Ed intanto il tuo treno è partito, e domani quelli delle prima classe sapranno tante lingue e avranno un po’ più di strumenti dialettici mentre gli altri sapranno fare i conti e avranno avuto una valutazione migliore in seguito al risultato del test.

Ma sapere le tabelline è importante [Stardi ha ripreso a sudare copiosamente e si è fatto un po’ rosso in volto].

È vero ma non sempre è la cosa più importante. Se devi fare il contabile è utile, se vivi in montagna ti serve di più capire da dove arriva il freddo e se vai per mare dovresti prima conoscere il cielo se non vuoi rischiare di perderti. Come a dire che dovresti innanzitutto essere in grado sapere dove ti porta il treno su cui sei salito, questo ti dovrebbe insegnare la scuola, ma questo nessun test lo misura.

Prova a seminare lo stesso giorno alla stessa ora lo stesso seme in diversi terreni e vedi che la risposta sarà diversa, perché un campo, in un determinato luogo con una certa esposizione solare e composizione del terreno è più adatto per certe piante che per altre. Il medioevo è finito con la rotazione delle colture, che si basa sul principio che financo lo stesso appezzamento di terra non è sempre atto a rispondere positivamente allo stesso seme. Non risponderai mai due volte la stessa cosa allo stesso test.

Franti sei uno stronzo [Stardi si è seduto per terra e quasi ansima] non rispetti la scienza.

Non la rispetto se serve dei biechi interessi. La scienza serve a conoscere non a premiare o peggio a giudicare. E sai che ti dico il tuo bel “test nazionale di valutazione del sistema” valuterà anche te, dall’anno prossimo, te e tutti quelli che lo faranno, allo stesso giorno e alla stessa ora. Alla faccia dell’anonimato e dell’indagine statistica. Oltre ad essere una corbelleria è una menzogna bella e buona, una trappola. Pensa a chi la sera prima ha passato la notte in bianco perché il suo tipo l’ha lasciata, a chi ha il cagotto perché è stato all’“all you can eat” sotto casa, a chi ha i suoi che si sono appena separati …flash” fotografati e fottuti, tutti allo stesso istante, in nome della scienza della misura. Questo sì che è un colpo di genio.

A me non mi fregano, per questo mi sto preparando al test.

Ecco vedi, lo sai anche tu, lo sa il tuo fottuto insegnante che ti ha fatto simulare le prove, lo sa l’editore beccamorto che ha pubblicato il manuale su come svolgere i test Invalsi. Lo sanno tutti che la scienza, la misura, la valutazione non c’entrano nulla…

Franti!

fammi finire, ma a te pare che per valutare lo stato del mare si scaldi l’acqua prima di misurarne la temperatura? Che si mettano dei paraventi prima di misurare la corrente d’aria? Prendi forse l’aspirina prima di misurarti la febbre? Cosa cazzo vuol dire prepararsi a fare un test che serve per capire come sei normalmente, ossia come sei in assenza del test? Tu bari con te stesso, tutta la tua catena di comando lo fa. Diventi falso come la famiglia del mulino bianco, un fantasma da cento domande a risposta chiusa. Stardi salvati, e fallo ora.

[Stardi è sfinito, a terra, quasi rantolante. Lentamente mette la mano in tasca e prende una foto di Edmondo De Amicis, la guarda, fa una smorfia, e l’accartoccia con la sua mano piccola e tozza]

Franti 4 maggio 2017

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