“La questione non è di avere 16, 30 o 77 anni. Dobbiamo smettere di credere che la gioventù è una fase di transizione. Non si è giovani, e poi, in seguito vecchi. Non si è vecchi perché si è stati giovani. La gioventù è l’opposto del lasciarsi andare: è partire all’assalto del mondo, compreso quando si tratta di rovesciarlo“
Gli studenti francesi in rivolta
Sebbene in forma ovattata, benché protetti dal buon senso dell’istituzione, lo si sente anche tra le mura delle scuole quanto questo mondo sta cadendo a pezzi. Non bastano più gli insegnanti a tenere buoni gli studenti, i presidi a tenere buoni gli insegnanti, ‘ la buona scuola ‘ a vendere merce avariata, le imprese ad insegnare quanto è bello lavorare senza essere pagati, concorrere per un posto di lavoro precario. Le mura delle loro scuole stanno cadendo a pezzi e non servono gli investimenti per l’edilizia scolastica, le crepe hanno ben altra natura che quelle meramente materiali.
Il senso di fine del loro mondo traspare da ogni parte. La loro retorica: doveri, democrazia, diritti, costituzione, tutto quel perbenismo ipocrita che trasuda nelle aule scolastiche sa di marcio; non ci crede più nessuno, neppure chi ripete stancamente gli stessi ritornelli da anni. Guardate Ventimiglia, guardate il Mediterraneo, guardate lo sfruttamento dei lavoratori della logistica, ecco dove vanno a sbattere le loro parole umanitarie, civili, di buon senso… ipocrite.
Il mondo che ci è stato consegnato da secoli di violenza e sfruttamento non è più tollerabile alla nostra intelligenza comune. I valori di una élite mondiale in disfacimento: proprietà, individualismo, profitto producono mostri. E i mostri si dispiegano tutti davanti ai nostri occhi nella forme insopportabili della miseria, dei ghetti nelle città dell’opulenza, della deportazione, dei muri, delle loro guerre infinite. Sempre più ricchi i ricchi, sempre più poveri i poveri.
Se questo è il mondo che ci offrono, questo il loro ordine del mondo, Il loro ordine merita il nostro disordine. E la scuola è un buon terreno nel quale portare il disordine.
Siamo ad un bivio: accettare fatalisticamente ciò che accade, farne parte, oppure, al contrario, produrre con metodo la distruzione di questo mondo confidando sulla potenza di un collettivo umano capace di costruire su basi ‘comuni’ il nostro abitare la terra, elaborando strumenti ed esperienze di un vivere diverso.
Noi lo dichiariamo apertamente: al loro mondo fondato sull’individualismo possessivo opponiamo le nostre pratiche di costruzione di un mondo in comune.