Nuovo nuovissimo foglio di Franti
DAD OR ALIVE
ancora una volta le tribù della scuola riescono a non farsi turlupinare dai terribili Video Pallidi
[Uscendo da scuola, Franti e Garrone si fermano un po’ a parlare.]
Franti – Ehilà, ronegar,1 ti vedo provato.
Garrone – Ciao, fra’. Provato è dire poco, sono a pezzi!
Franti – Fai bene, ronegar, qui non funziona più niente, compreso te 🙂
Garrone – Tu scherzi, ma la situa è seria, non sai più dove puoi camminare, come ti devi mettere, dove stare… Si entra a scuola con la mascherina, qualche prof te la lascia togliere e qualcun altro no, segni con le braccia aperte come un aeroplanino le distanze dai tuoi compagni, non si può mangiare in piedi. Durante la lezione non posso guardare Stella ché se no le nostre rime boccali si avvicinano troppo. (Troppo? Troppo poco, dico io!)
Franti – È vero, cosa fare non lo sa nessuno. Partiamo sempre dal principio di stare attenti, muoverci con cautela, proteggere se stessi e soprattutto gli altri, soprattutto i più deboli e quelli più a rischio… ma questo tu già lo fai, è praticamente l’unica cosa che fai, Garrone! [e ride] È difficile, e si rischia di farsi fregare.
Garrone – Difficile? Impossibile! Fortuna che c’è internet, con l’educazione a distanza. Noi facciamo i turni, metà a scuola e metà a casa. Ognuno col suo pc, così non ci assembriamo.
Franti – Non farmi ridere, ché poi arriva qualcuno a ricamarci sopra! Il problema delle classi strapiene c’era da mo’. E non solo le classi: abbiamo sempre viaggiato su treni e bus stipati come polli in batteria, non ce ne eravamo mai accorti? Perché lo sopportavamo? Perché? Riflettici, è interessante. E le strutture, poi… Perfino la carta da culo mancava, altro che “nuove risorse per il diritto allo studio”! E vogliamo parlare di maestri e professori? Possibile che nessuno si accorgesse che il corpo insegnante veniva tirato fino al camposanto, a smarrire anno dopo anno il sentimento d’insegnare qualcosa di realmente significativo? Da molto tempo la scuola altro non faceva che trasmettere delle banalità, et voilà, c’est la débâcle, che in francese significa: e adesso, è la disfatta. L’occasione è adesso.
Garrone – Ma che stai a dire? Io non so da che parte girarmi. Che significa l’occasione è adesso?
Franti – Ascolta, ronegar. Ti chiedo di fare una cosa che, magari, all’inizio pare difficile. Chiudi gli occhi, respira a fondo, prova a capire dove sei finito, sfòrzati, fatti una tua opinione p r e c i s a su quanto è accaduto e sta continuando ad accadere, parlane con i tuoi compagni e, poi, datti una smossa. Nessuno ti porterà fuori di qui. Parola di Franti! E, allora, sii serio, per una volta, ripensa a tutte le cose che non andavano già prima, a quelle che ti hanno fatto male, e discutine con i tuoi amici. Poi, steso l’elenco, che sarà lungo, respirate di nuovo profondamente e andate avanti, liberi, forti e creativi. Questo posto non esiste più.
Garrone – Come non esiste più? E cosa significa andate avanti? Avanti dove?
’CARO AMICO TI SCRIVO…’, / Come una lettera-volantino :
” ” INTANTO, ASPETTA… Non accettare — per ‘nostalgìa di te’, della TUA vita che è la TUA, perché TUA — il nuovo UKAZ*, ‘Bolla’, ‘diktat di FINE-CONFINO”.
||||| QUATTRO MILIONI, ”AL LAVORO !”, come se niente fosse.
AL LAVORO, CHE STAVOLTA COMINCIA A SEMINAR MORTE GIÀ NELLA BAILAMME DEI TRASPORTI, rimessi in marcia per il “Parco Umano” che ”deve rimboccarsi le maniche” e lavorar duro, più intensamente, più a lungo, per ”recuperare”, ”riaccendere i motori dell’Economia”, inquinare, devastare, estrarre, spremere, avvelenarsi e avvelenare peggio…
||||| NIENTE, COMUNQUE, SARÀ, POTRÀ ESSERE, ‘COME PRIMA’ : SE OTTEMPERI STAVOLTA, SARÀ MOLTO PEGGIO. ”Costretti a sanguinare”, chi e chi e chi…, ‘a ciascuno il suo’.
||||| SCIOPERA, AMICO, SCIOPERO A TITOLO UMANO, comincia per almeno qualche giorno. GESTO — se non ora, quando? — ANCHE DA SOLO. Poi si vede. CHI È DELLA RIVOLTA, COME PUÒ NON FARLO, come si fa… BOICOTTA, amico, SABOTA, SCIOPERA ALMENO OGGI, intanto, CONTRO IL DECRETO CHE INGIUNGE IL RITORNO AL LAVORO COMUNQUE ! ||||| Contro il programmato rilancio del diagramma dei contagî, e col ”danno collaterale” previsto, messo in conto, di morti atroci di ”inattivi”, scarti, esuberi della vita. Morti per fame d’aria come asfissiati annegati in un orrido ‘water-boarding’, e in incubo di nebbie, di qualcosa che evoca il ”polmone d’acciajo”, di agonie doppiate da panico, lunghe come un Inferno…
||||| Il Lavoro NON libera. La ”libertà di lavoro” in questi giorni la brandiscono e reclamano gli ultraliberalnazistoidi supremacysti WASP negli USA, brandendo i fucili in nome del ”secondo emendamento”…
||||| Trattieni, amico mio, il pulsionale riflesso ”umano, troppo umano” a ”riprenderTI la TUA libertà” — fantasma, simulacro fallace di libertà. ……………………………………….. (Continua)
La presente circostanza:
ci addolora per il carico di dolore e di morte che porta con sé;
ci addolora perché si accanisce, come spesso accade nel disastro, sui più deboli, sugli anziani, sugli ultimi, sui non-tutelati, e perché alimenta, in parallelo, l’immaginario cannibalista dell’ipocrita -dopo anni di sacra privatizzazione e meschino risparmio sul welfare- impossibilità di curare tutti;
ci addolora perché, nell’eterno olimpico presente asettico della connessione, alimenta la paura della corporeità, la diffidenza verso i desideri naturali ed animali, riorientandoli tout-court al consumo compulsivo di merci;
ci addolora per lo sdoganamento nell’immaginario della paura come sentimento usuale, sano, universale e fondativo delle esistenze individuali, da rivendicare a scapito di ogni forma residuale di coraggio e di dignità, e del conformismo idiota ed egoista che la garantisce;
ci addolora per l’assuefazione al paternalismo di cui s’ammanta l’autorità, che traveste i suoi apparati repressivi di buonismo accudente e di severità lungimirante rispetto all’infantilismo di un popolo incapace di intendere e di volere (questo è il moderno populismo, un’espropriazione del potere dall’alto!), e che sfrutta il panico per sperimentare forme di tutela consenziente che sanno di servitù volontaria e di coprifuoco planetario;
ci addolora per l’assunzione acritica del notevole surplus di controllo che viene legittimato dal metodo emergenziale (già in precedenza abbondantemente rodato come misura di gestione ordinaria deregolata nella produzione come nell’ordine pubblico), e con essa l’implicita adozione del modello sotteso, gerarchico, classista, patriarcale, accentratore, burocratico-legale, tecnocratico ed assoluto/assolto da ogni vincolo di mandato, nella sospensione di diritti la cui agibilità sostanziale era già prima stata mutilata a morte;
ci addolora per l’abuso interessato (per inquadrare un evento pur nefasto, ma sempre inscritto in quell’ordine naturale delle cose che noi abbiamo sconsideratamente contribuito a sconvolgere) della retorica militaresca e patriottarda, tutta inni e tricolori, trincee e prime linee, per simulare un’unità nazionale e un’alleanza fra produttori che mascheri la violenta offensiva ormai ventennale del capitale contro il lavoro e l’ambiente, nonché della sovraesposizione mediatica per forze armate e dell’ordine, lifting propedeutico al loro collaudatissimo e venturo impiego per contenere le crescenti tensioni sociali e all’occupazione de facto (come in un golpe) delle strade;
ci addolora per la consapevolezza che le attività produttive di piccole dimensioni verranno triturate dal blocco delle attività e dalla quarantena, a tutto vantaggio delle grandi catene di produzione e distribuzione, e che la forbice rispetto al tenore di vita fra un’esigua minoranza di famiglie ricchissime e la stragrande maggioranza della popolazione si allargherà drammaticamente;
ci addolora per la colonizzazione che i media e il loro linguaggio (misto di morbosità voyeuristica e pornografia emotiva, smemoratezza e lacrimoni facili, esaltazione di gesti e figure quotidiani come eroici, per confermare lo stato di pusillanimità egotica permanente e dissimulare le conseguenze di una ricetta economica ultraliberista rapace e disumana, etc.) stanno operando sulla coscienza collettiva (non solo con fake e infoteinment, ma con la sempiterna reperibilità del telelavoro e la dipendenza dalla realtà aumentata, a fronte della miseria dell’esistente), in modo da ridurre l’opinione pubblica all’assenso qualunquista ed ebete, quando non all’entusiasmo masochista, verso norme e dispositivi liberticidi, barattando il diritto all’autonomia ed all’autodeterminazione della vita con un’angusta, isolata e fragilissima bolla individuale di confort.
Questo virus, in quanto incubato nella febbre mondiale per concorrenza e razzismo, aggrava isolamento e diffidenza verso l’altro, anaffettività ed atomizzazione fino all’estinzione, con l’idea di interdipendenza e prossimità sociali, anche del prossimo…
Coscienti delle ragioni di attenzione verso la salute di tutti, alziamo tuttavia la guardia verso un sistema volto al controllo sociale e al mantenimento di uno status-quo, di una normalità che non ci piace.
In quest’epoca di capitalismo della sorveglianza, di poteri economico-tecnologici privati totalitari che si fanno scudo e beffa della formalità democratica, di squilibrio globalizzato, di prove d’arresto domiciliare planetario,
crediamo occorra guardare
a questo evento (naturale, artificiale e artificioso insieme!) anche come cartina di tornasole, come catalizzatore, come epifania, come esplosione che squassa la normalità borghese e farà sì, in un verso o nell’altro, che nulla sia più come prima.
Esso è anche contrappasso dell’auto-narrazione giovanilistica, maschia, dominatrice, patinata, onnipotente, indistruttibile del capitale.
Il rallentamento nella produzione dei beni evidenzia anche quanto non siano universalmente accessibili e quanto siano inquinanti e assai spesso inutili.
La quarantena forzata, la crisi nella retribuzione (sulla quale torneremo) e il parziale blocco delle consegne a domicilio costringono anche a ridimensionare universalmente shopping e compulsività consumistica, portando ciascuno a riconsiderare la propria dieta di vita e le proprie priorità.
La forzata, per quanto fuori tempo massimo, decrescita industriale ha dimostrato in 2 mesi la fondatezza delle teorie complottiste sul cambiamento climatico, abbattendo i livelli di PM10 nelle principali megalopoli mondiali.
Il disumano nostro rifiuto delle bagnarole cariche di poveracci migranti viene sperimentato oggi anche dai pasciuti turisti d’occidente, impossibilitati a sbarcare dalle loro faraoniche navi da crociera nei paesi, esotici ma poveri, spesso patria di quegli stessi migranti, perché considerati a loro volta “untori”.
L’internazionalismo del virus si fa beffe di muri, cinture di sicurezza, interruzione di trasporti, controlli di frontiera, ed evidenzia l’ineludibile interdipendenza di uomini e risorse, sostanziando la necessità nei fatti di rivedere il modello organizzativo concorrenziale-privatistico, nel macro (riconversione e redistribuzione) come nel micro (solidarietà e collettivismo), rendendo attuale e necessaria l’utopia, poiché la normalità è il problema. Alla faccia di protezionismi e barriere, ricorda agli stessi affaristi gli svantaggi della delocalizzazione selvaggia e della segmentazione della filiera produttiva, quando un imprevisto inceppa la mobilità delle merci e l’ubiquità dei prodotti.
La forzata riflessione collettiva sul necessario, sul superfluo e sull’impagabile, e sulla mutua dipendenza anche solo relazionale è critica viva nell’epoca dello sgomitìo bulimico e dell’accaparramento insensato.
L’opulenta Fortezza Europa, dietro i pelosi proclami di facciata, si trova oggi a dover decidere su quale paradigma puntare, se seguire il rigore e disgregarsi, oppure ripensare i propri fondamenti politici. Essa si vede costretta, in tale frangente, dopo indegne condotte razziste, ad accettare aiuto dai vituperati cinesi, dai sozzi albanesi e da quei comunisti dei cubani.
Può dunque l‘attuale circostanza essere anche occasione per ridare forza ai movimenti che negli ultimi 40/50 anni hanno tentato di bloccare il capitale, boicottare la produzione, alterare la frenesia consumistica?
Può l‘attuale circostanza dare perfino una mano in questa direzione?
Non lo sappiamo!
Certo è però che, come per l’ipnosi nella psicanalisi, il rinvenimento del trauma è inutile senza la partecipazione cosciente del paziente, senza cioé che il processo venga vissuto consapevolmente, così ci pare di dover fare i conti con le nostre paure, di dover guardare con interesse alle contraddizioni che si presentano, a chi si rivolta, oltre ogni previsione sistemica, contro l’inumanità e l’invivibilità del futuro che ci stanno approntando.
Gli ultimi, i paria, gli esclusi, i dannati, i poveri – e la crisi economica che già precedeva il virus, al netto delle pallide misure di sostegno al reddito, dilanierà trascinando intorno alla soglia di sussistenza anche le fasce sociali medio-piccolo borghesi-, le grida dei più esposti richiamano al destino comune del corpo sociale, i carcerati alla dimensione cripto-totalitaria delle istituzioni, gli operai alle esigenze dittatoriali ed impietose della produzione, gli espropriatori nei supermercati all’iniqua accessibilità dei beni…e siamo solo all’inizio……..
Nessuna casa, nessuna terra può essere sicura, senza l’unica garanzia della mutua felicità….basta muri, un futuro abitabile per tutte e tutti…e, usciti dalle tane, dall’isolamento e, speriamo, dalle nostre stesse paranoie, domani starà a noi.
NO VOLVEREMOS A LA NORMALIDAD
PORQUE LA NORMALIDAD ERA EL PROBLEMA
OGGI, PRIMO DI APRILE ALLE ORE 17.59
UN MINUTO DI SILENZIO PER QUANTI HANNO PERSO LA VITA
E QUANTI SONO SOSPESI IN ATTESA DI RESPONSO
ALLE 18.00 IN PUNTO
STRISCIONI E BATTITURA CON COPERCHI E PENTOLE
IN SOLIDARIETÀ AGLI STIPATI NELLE CARCERI
Franti – https://franti.noblogs.org/
Milano, 1° aprile, 2020
Franti: Bella bro
Sturgis: …
Che hai Sigrut? Che faccia torva, e che ci fai qui dietro la scala?
è che non ci si può più andare…
e dove mai non si può più andare Sigru, ma ce la fai?
in cortile fra’, non vedi, in cortile. Sono ancora li?
quel gruppetto di genitori dici? Già, chissà he ci fanno in cortile, piove persino …
fra’ non sono genitori, quella è la DIGOS!
ah ah ah si, e io sono Robin Hood
è la Digos fra’, te l’assicuro, sono qui per controllare il cortile
il cortile? ma sei scemo fra’, cosa mai interessa alla digos del nostro cortile
è perché si fuma
ma cosa gliene frega alla digos che si fuma? la digos è la polizia politica non la narcotici o la buoncostume, sempre che si possa ritenere malcostume fumare in cortile
e che ne so io, forse c’è un problema politico
si, forse temono la disoccupazione anche loro e creano problemi dove non ce ne sono. Però la cosa è seria, da non prendere sottogamba, fumano in tanti ma sembra che non ne freghi niente a nessuno.
che vuoi dire?
voglio dire che a nessuno frega del perché fa le cose, per divertirsi? per farsi male? per sembrare più grande? per trasgredire? per difendersi dal logorio della vita? Ci sarà un perché.
Sicuramente non per parlarne, non ne parla nessuno.
forse perché si fa così e basta
To Obey or NOT To Obey è il fresco papello in sei Quadri di FRANTI, dedicato agli studenti Maturandi dell’anno scolastico 2019/2020 ma che vale anche per gli altri
Scaricalo qui in PDF stampalo e fallo tuo 🙂
La teoria dei numeri chiusi, che ha subito nei tempi storici alterne vicende, è recentemente stata riportata in auge dal Prof. Gill von Vague1, valtellinese.
La teoria si basa sul presupposto che esista, affianco all’insieme dei numeri naturali N, all’insieme dei numeri reali R e dei numeri complessi C, l’insieme dei numeri chiusi K che è un sottoinsieme chiuso di N e gode di proprietà del tutto particolari.
Somma di numeri chiusi
Per i numeri chiusi è possibile definire un operatore somma:
k1 + k2 = k3
che è dotato di uno zero:
k + 0 = k
questo operatore di somma gode della proprietà commutativa:
k1 + k2 = k2 + k1
I numeri chiusi possono quindi considerarsi a tutti gli effetti un gruppo abeliano o commutativo.
Gli elementi di un gruppo di numeri chiusi, se sommati, generano un elemento appartenente allo stesso gruppo, uguale e non maggiore ad uno dei due addendi:
k1 + k2 = k3 con k3 <= max(k1, k2)
Cioè sommando due numeri chiusi non si ottiene mai un numero maggiore del più grande dei due.
Iscrizione
L’appartenenza di un numero all’insieme dei numeri chiusi è detta iscrizione. L’operatore di
iscrizione non ha un inverso e seziona l’insieme dei numeri in due sottoinsiemi a intersezione nulla.
Prodotto tra numeri naturali e numeri chiusi
È definito un operatore di moltiplicazione tra l’insieme dei numeri chiusi e l’insieme dei numeri naturali <K * N> che da come risultato sempre e solo il numero appartenente a K. Ossia l’intero insieme dei numeri naturali puo’ essere visto come l’unità per l’insieme dei numeri chiusi:
k * n = k per ogni n ϵ N e per ogni k ϵ K
Somma tra numeri chiusi e numeri naturali
Non è, invece, definito un operatore di somma tra numeri chiusi e numeri naturali, anzi vi è una attenzione particolare a questo tipo di operazione. Sommare numeri chiusi a numeri naturali produce risultati impredicibili2 ne discende il
primo teorema di Vague
(K + N = ?).
Operatori
L’operatore che trasforma un numero naturale in numero chiuso si chiama nutKracker (nK).
Valgono, per il nutKracker, le seguenti banali proprietà:
nK(n) ∈ K
nK(n1+n2) = nK(n1) + nK(n2) = k1 + k2 <= max(k1,k2)
In buone parole l’insieme dei numeri chiusi è tale che sommando o moltiplicando non se ne esce mai.
Applicazioni
I numeri chiusi trovano un’applicazione proficua in fisica in quanto, in particolari condizioni, accentuano la generazione di solitoni in movimento, onde solitarie altrimenti dette soloni (o saloni) mobili (o del-mobile).
Lo spazio che la teoria dei numeri chiusi è in grado di generare per i saloni del mobile è sperimentato e vasto3 benché ancora oggetto di studio.
Si suppone che tale teoria, nata dalla matematica e passata alla fisica, possa generare benefici risultati anche nelle scienze economiche.
Il paradosso della torta
Noto è il paradosso della torta per cui una torta divisa per un numero chiuso genera fette sempre più grandi di una equivalente torta divisa per un numero naturale.
Avverse fortune della teoria dei numeri chiusi
La teoria dei numeri chiusi è al momento molto in auge, i suoi favori attraversano la comunità scientifica raccogliendo consensi dai piccoli e grandi ricercatori alle alte baronie e sembrano, con questo, confermare la sua validità.
Voci discordanti, però, provengono dai rumorosi corridoi e da qualche scritto del professor Ommot von Bigol4, anch’egli valtellinese, che sostiene che la teoria non ha alcuna reale base scientifica sperimentale e che, anzi, avanza l’ipotesi secondo cui un gruppo chiuso (K) diviso per un gruppo naturale (N) non possa che disperdersi in un gruppo reale continuo (R), derivabile e completo. Da ciò Ommot deduce che l’incompletezza del gruppo dei numeri chiusi non puo’ che essere cagione della sua rottura5.
Stupisce la disattenzione della comunità scientifica nazionale ed internazionale a quelli che potrebbero essere gli effetti della teoria del numero chiuso se applicata al mondo reale, al contrario degli istituti di economia che vi hanno già investito, e ricavato, ingenti somme.
La comunità scientifica sembra essere al momento più interessata alla teoria del trasferimento o del movimento forzoso che però, nel parere di chi scrive, non è del tutto estranea nelle premesse e nelle conseguenze alla teoria del numero chiuso.
Vale in conclusione segnalare un nuovo canale di ricerca che si basa sull’ipotesi che si verifichi una crescita esponenziale qualora l’operatore nK() sia applicato all’operatore scolastico tax():
ipotesi di Ommot o ‘del corridoio’
nK(tax(n)) = tax exp(tax(n))
giugno 2017, ommot
1 Il prof Vague si laurea in medicina negli anni ‘80 e si specializza in “Anatomia patologica a seguito di ripetuti forti colpi sul corpo”, tecnica di cui ipotizzò applicazione nelle SPA e nei Chiostri rinascimentali come forma di cura al baccanismo e all’indipendentismo, malattie oggi rare ma un tempo virulenti.
Come Ivo Livi, che divenne Yves Montand grazie a sua madre che lo apostrofava dalla finestra: “Ivo monta, che la pasta è pronta!”, così Gill, seguito dalla genitrice negli studi di matematica e da essa sollecitato: “Gill, ti prego, non essere vago”, risulta oggi più noto col nome di Gill Vago.
2 Un po’ come sommare numeri reali a numeri immaginari genera lo spazio dei numeri complessi così sommare numeri naturali e numeri chiusi potrebbe generare degli spazi multidimensionali aperti di cui ancora non si conoscono né dominano le proprietà.
3 Su questo il professor Vague, insieme ai suoi sodali Senatori, ha prodotto numerosissime pubblicazioni tutte disponibili in letteratura.
4 Ommot Bigol, noto perdigiorno, è il fondatore di “tha Beagle C@mpany” che ha dato vita recentemente ad una singolare crypto-moneta.
5 Questo spiegherebbe quello che taluni chiamano “L’enigma della rottura” e che potrebbe corrispondere all’ottava catastrofe elementare del sistema descritto da René Thom.
un contributo scioperante del collettivo Mortazza
Primavera s’avanza, s’avanza la stagione della rinascita. È lo zefiro delle donne, che scendono in piazza contro oppressione, sfruttamento, sessismo, razzismo, omo e transfobia. E c’è anche la scuola!
Quale occasione migliore, dunque, che quella in cui è dato di vivere una giornata di ribellione comune, di libertà dei corpi e libertà dal lavoro?
Ché di atti di ribellione ha bisogno la scuola! Non di scioperi rituali, rivendicativi, ‘sindacali’!
– L’oppressione dettata da vecchi e nuovi assetti del mondo della scuola,
– l’oppressione gerarchica da parte dei ‘prèsidi’,
– il ricatto oscuro dei bonus
. la deterritorializzazione dei precari e precarie dell’immissione straordinaria,
– la riduzione ad azienda d‘un luogo preposto alla conoscenza,
– l’immiserimento della figura dell’insegnante a triste esecutore d’ordini e scribacchino/a,
– l’attenzione prestata alla cosiddetta “formazione” dei nuovi docenti per sterilizzarli ‘a monte’,
– la riduzione in povertà di chi lavora, ‘nella scuola e non’, per assenza di qualsivoglia aumento salariale degno di questo nome,
meritano solo atti di ribellione!
Che dire poi della filosofia del ‘controllo’ che permea, dentro e fuori la scuola, le nostre vite e quelle di chi vi studia? Che dire della ‘meritocrazia’, vera e/o falsa che sia? Delle ‘tecniche valutative’ dell’Invalsi? Delle sue ricadute negative sull’insegnamento? Della categorizzazione delle conoscenze, della docimologia, della classificazione dei comportamenti atta a determinare premi e sanzioni? D’un registro elettronico che deresponsabilizza lo studente, mentre induce l’insegnante a ridursi a braccio agente di un controllo panoptico?
E cosa dire infine, o piuttosto innanzitutto, della generalizzazione dell’alternanza scuola-lavoro, tirocinio, stage, perenne apprendistato? Della diffusione dell’idea perversa del lavoro, sì LAVORO, non già ATTIVITA’ LIBERA dai vincoli della società del Capitale, ma LAVORO prestato GRATIS? Cosa dire del disegno che vuole gli studenti piegati a quest’idea e destinati a precarietà o a ingrossare le file di lavoratrici e lavoratori sottopagati e sfruttati?
Tutto ciò non può essere affrontato solo con forme rituali di opposizione.
Tutto ciò richiede ‘molto di più e altro-da’.
L’articolazione di questo ‘molto di più e altro-da’ deve essere ricercata nella quotidianità del nostro stare a scuola, studenti*&lavoratori*, nel non lasciar cadere le occasioni di conflitto reale, sulle cose concrete, nel vincere la paura di ritorsioni e ritrovare il coraggio di scoprire punti di rottura possibili.
Ma ‘molto di più e altro-da’ può fornire a tutt* noi questo stesso “movimento dalle donne”, se saremo in grado di arricchirne la forza sovvertitrice.
Si potrà scioperare anche il 17 marzo, ben venga, “ben venga maggio e ‘l gonfalon selvaggio!”, ma scioperare l’8 significa per noi dare valore alla ‘complessità’ dei temi sollevati quel giorno: oltre quello ‘fondante’ di opposizione alla violenza di genere, oltre la scuola: i/le migranti, il reddito, la critica del lavoro. E dovremmo dire, anche se nessuno ne parla, in testa a tutto la GUERRA. Il senso della giornata dell’8 supera di gran lunga ogni possibile rilievo critico e pone sul tappeto almeno la possibilità di incominciare a costruire un movimento in grado di coniugare opposizione di generi e opposizione di classe, incrociando le lotte. Intersezionalità forever!
Se questo sarà o no, non giace sulle ginocchia degli dèi !
8 MARZO, PARTECIPIAMO allo SCIOPERO e al CORTEO
cobascuolamilano/cobRas – franti https://franti.noblogs.org/
milanofebbraio2017
Noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché è uno sciopero inutile: non ha un interlocutore istituzionale, degli obiettivi specifici, una piattaforma rivendicativa. È puro dispendio di libera energia, di tempo perduto al lavoro, per questo a noi pare così prezioso.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché contro la miriade di scioperi istituzionali che rivendicano qualche briciola al Padre-Padrone-Stato, per stare comunque sotto il Padre-Padrone-Stato, qui non si rivendica niente (o forse tutto, che in fondo è la stessa cosa) comunque niente ad altri se non a noi stessi. Vogliamo essere solo molto esigenti con noi stessi.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché possiamo riscoprire lo sciopero nella sua essenza più propria, lo sciopero come allusione alla fine del lavoro, alla fine dei rapporti subordinati, alla fine del tempo imposto da altri, alla fine dei padroni. Scioperiamo perché immaginiamo la possibilità di uno sciopero infinito e lo sciopero è una finestra gioiosa in una strada irta di rogne.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché amiamo la rabbiosa caparbietà delle piazze in fiamme, delle collettività in rivolta, dei tumulti che si aprono al divenire.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché è bello stare in piazza quando in piazza si sta come singolarità e non come individui, come corpi danzanti che cercano la carezza di altri corpi che si muovono. Un po’ più come fluidi, un po’ meno come solidi, un po’ più come femmine un po’ meno come maschi.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché ci scopriamo giorno per giorno un po’ donne un po’ trans, un po’ gay, un po’ lesbiche e, perché no, anche un po’ maschi. E perché contro una società che ci vuole tutti normali a noi piace il colore/calore della diversità.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché odiamo la polizia comunque essa si travesta: da padre, da padrone, da celerino, da professore, ma sappiamo bene che l’odio è solo il limite a cui il nemico costringe la nostra voglia d’amore e non ce ne faremo travolgere.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché riconosciamo nei migranti l’altra faccia di noi stessi. Perché tutti proveniamo da qualche lontananza e tutti desideriamo una qualche vicinanza che ci faccia trovare una casa provvisoria per poi riprendere, forse, un altro viaggio.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché diventare minoranza, sottrarci alla tirannia della maggioranza, inventare un numero all’infinito di minoranze è la nostra più intima vocazione.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché un tempo lontano una parte di noi ha sognato di sognare e non si è ancora destata e un’altra parte prova a ripetere quel sogno.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché frequentiamo la scuola e sappiamo che tra quelle mura si coltivano passioni tristi: lavoro, dovere, carriera, concorrenza, gerarchia, futuro invece a noi piace l’infinita presenza, il piacere dei sensi, la bellezza dell’autonomia, l’opera inutile.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché come Antigone abbiamo capito l’intimo legame tra potere patriarcale e potere statale e li vogliamo distruggere entrambi.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché abbiamo a cuore il sapere come elaborazione collettiva e condivisa e non come privilegio e potere.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché conosciamo l’importanza della menzogna e la vergognosa ipocrisia del controllo globale. Perché viviamo di verità e non di confessioni, perché sappiamo che il conflitto esiste, e che non è una questione di ordine pubblico.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo ma in questo modo sciopereremmo anche il nove, il sette o il diciassette perché i simboli ci fanno venire l’orticaria.
noi-Franti scioperiamo l’otto marzo perché vorremmo smettere di essere Franti e dedicarci compiutamente a coltivare i nostri sogni spesso solo sussurrati.
noi-Franti
febbraio 17